L’Eucaristia, il Sacramento che nostro Signore Gesù Cristo ha
istituito nell’Ultima Cena è stato “vilmente
parodiato all’inaugurazione dei Giochi Olimpici di quest’anno, in nome
dell’inclusione. Atto codardo quella parodia da parte degli organizzatori,
perché sanno che ne usciranno senza alcun danno e perché l’amore dei nemici è
la carta d’identità del cristiano”.
Lo ha detto nella bellissima omelia di ieri (18 agosto 2024)
mons. Orlando Antonini Arciv. Tit. di Formia, Nunzio Apostolico. Omelia esemplare
da ogni punto vista, in cui si è soffermato sulle persecuzioni che soffrono i
cristiani oggi, comprese quelle “in guanti bianchi”.
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XX DOMENICA TRA L’ANNO
(L’Aquila, Collemaggio, 18 Agosto 2024)
Carissimi tutti, e voi che ci state seguendo in
trasmissione. La parola di Dio che abbiamo ascoltato è una catechesi
sull’Eucarestia, sacramento del Corpo e del Sangue di Gesù. L’ha voluta perché
desidera, ha detto, di “essere con noi tutti i giorni – anche fisicamente,
benché sacramentalmente – fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
Aveva profetizzato l’Eucarestia secoli prima il libro dei
Proverbi della prima lettura: ‘La Sapienza ha imbandito la tavola… Essa dice:
Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato’ (Pv 8,31). E
poco prima nello stesso passo si legge che, quando Dio creando il mondo aveva
il Figlio con lui “come architetto”, questi agiva ponendo “le sue delizie tra i
figli dell’uomo”. Gesù, dunque, si delizia a ‘stare coi figli dell’uomo’, con
noi. Del resto, come osserva S. Giovanni della Croce, “se l’anima cristiana è
alla ricerca di Dio, molto più Dio è alla ricerca di lei…” (Cantico Sp., Str.
27). Così, nel paradiso, dice S. Luca, per quelli che lo hanno ri-amato Gesù
“si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc.
12,37).
È nel Giovedì Santo dell’Ultima Cena che il nostro Signore
Gesù ha istituito questo sacramento sotto le specie del pane e del vino, che
diede agli Apostoli in nutrimento spirituale e lavò loro i piedi in segno di
umile servizio e di amore. Ebbene, carissimi, è proprio questo gesto di amore,
il mistero più grande e più intimo per noi, e perciò nei primi secoli protetto
dalla cosiddetta ‘disciplina dell’arcano’, che è stato vilmente parodiato
all’inaugurazione dei Giochi Olimpici di quest’anno, in nome dell’inclusione.
Atto codardo quella parodia da parte degli organizzatori, perché sanno che ne
usciranno senza alcun danno e perché l’amore dei nemici è la carta d’identità
del cristiano. È stato ben scritto che “la nobile difesa dell'inclusione
maschera in realtà il desiderio tutt'altro che nobile di ripudiare l'eredità
culturale che ci definisce come civiltà”.
Chiediamo alla Madonna Assunta in cielo, Titolare di questa
basilica, ed a S. Pietro Celestino che fece alla Chiesa il dono della ‘grande
Perdonanza’ così definita da papa Francesco, che ci aiutino, tra altre
necessità, anche ad affrontare questo momento storico di inizio, diciamolo, di
una nuova persecuzione.
Sì, carissimi. Una persecuzione cruenta è tuttora in atto
nel Medio Oriente, in Asia e in Africa, dove i cristiani, e soltanto i
cristiani, vengono uccisi in quanto cristiani. Ma tempo fa papa Francesco ha
detto che “esistono persecuzioni sanguinarie, come essere sbranati da belve per
la gioia del pubblico sugli spalti o saltare in aria per una bomba all’uscita
da Messa. E persecuzioni in guanti bianchi, ammantate di ‘cultura’, quelle
che ti confinano in un angolo della società, che arrivano a toglierti il
lavoro se non ti adegui a leggi che vanno contro Dio Creatore”. Appunto
come nei nostri paesi occidentali: qui la persecuzione esiste in una forma
sottile: noi cristiani siamo divenuti bersaglio di attacchi e di derisione a
causa della nostra fede e dei nostri principi morali circa la famiglia, la
vita, la sessualità, ecc.
Protestare per tali attacchi occorre. Al contempo, vediamo
cosa dice la parola di Dio. S. Pietro, I lettera, capitolo quarto: “Carissimi,
non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a
voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano” (1 Pt. 4,12-16). Ciò
significa che questi attacchi sono per noi la normalità, utili a provare la
nostra fede. Ecco perché gli apostoli, fustigati per aver cominciato ad
annunciare Cristo, “se ne andarono dal sinedrio – dice il testo – lieti di
essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù”. Oltraggiati per il nome
di Gesù naturalmente, non per altri motivi. Infatti, lo stesso S. Pietro subito
dopo soggiunge: “Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o
malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca:
glorifichi anzi Dio per questo nome”.
Ora certo, nel corso della loro bimillenaria storia i
cristiani hanno offerto alla nostra civiltà, forgiandola, un innegabile
contributo di santità, di carità, di cultura e di arte, ed hanno anche peccato
e peccano, sia in capite che in membris, di gravi infedeltà, a
volte con la loro condotta facendo ‘bestemmiare il nome di Dio tra le genti’.
Sì, ma è anche certo che, se i cristiani si comportassero sempre esemplarmente,
l’opposizione a Cristo si produrrebbe lo stesso. Anzi sarebbe più virulenta. E
in fondo, il nostro cattivo esempio varrà davanti al tribunale di Dio come
attenuante per coloro che ora irridono Cristo e ci perseguitano.
È il Vangelo stesso che provoca. Gesù Cristo è posto a
‘segno di contraddizione’. Lo esplicava bene nel secondo secolo l’autore della
Lettera a Diogneto. “I Cristiani – scriveva – rappresentano nel mondo ciò che
l’anima è nel corpo. La carne, anche se non ha ricevuto alcuna ingiuria, si
accanisce con odio e fà la guerra all’anima, perché questa non le permette di
godere dei piaceri sensuali; allo stesso modo il mondo odia i cristiani pur non
avendo ricevuto nessuna ingiuria, per il solo motivo che questi sono contrari
ai piaceri. L’anima ama la carne e le membra pur essendone odiata; così pure i
cristiani amano chi li odia.”.
Carissimi, abbiamo sentito Gesù: “Chi mangia la mia carne e
beve il mio sangue rimane in me e io in lui”. La Vergine Maria sostenga il
nostro proposito di rimanere in Gesù Cristo, nutrendoci della sua Eucaristia e
diventando, a nostra volta, pane spezzato per i fratelli.
È proprio questo nostro rimanere in Gesù che ci dà la
capacità a perdonarci vicendevolmente, come anche lo comporta la Perdonanza
celestiniana. Amen.
+ Orlando Antonini Arciv. Tit. di Formia, Nunzio Apostolico
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