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martedì 21 giugno 2022

I PASSI PER AMARE SÉ STESSI

 


Gli Apostoli alla scuola della Gospa

“QUESTA È LA CHIAMATA DELL’AMORE” (XI PARTE)

 


I PASSI PER AMARE SÉ STESSI

 

Tentiamo di comprendere quali possano essere i passi che mi conducono all’amore verso me stesso, senza tradire il Vangelo e restando alla scuola della Gospa. Prendo spunto da un messaggio che può aiutarci più di altri, quello del 18 marzo 2013.

“Cari figli! Vi invito a benedire il nome del Signore con fiducia totale e gioia e a ringraziarLo col cuore di giorno in giorno per il grande Amore. Mio Figlio, attraverso questo Amore dimostrato con la Croce, vi ha dato la possibilità che tutto vi sia perdonato, cosicché non abbiate a vergognarvi, a nascondervi e per paura a non aprire la porta del vostro cuore a mio Figlio. Al contrario, figli miei, riconciliatevi con il Padre celeste perché possiate amare voi stessi come vi ama mio Figlio. Quando comincerete ad amare voi stessi, amerete anche gli altri uomini e in loro vedrete mio Figlio e riconoscerete la grandezza del suo Amore.” (18 marzo 2013).

 

Il punto fermo di partenza è l’Amore che Gesù ci ha dimostrato dando la sua vita sulla Croce. Mentre il punto di arrivo è il Padre. L’Amore di Gesù verso di noi ha come scopo la riconciliazione col Padre. Ma mentre muore sulla Croce, Gesù ama me stesso volendo il mio vero bene, cioè la mia salvezza eterna nell’incontro col Padre.

 

Così come avviene nella parabola del figliol prodigo, scopriamo che c’è un falso amore verso sé stessi che conduce alla perdita di sé stessi; mentre la riconciliazione col Padre permette di riacquistare la propria dignità di figlio, e conoscere sé stessi e il vero amore di sé stessi.

Se questo è il modo con cui Gesù dunque ama me stesso, allora anche io devo amarmi desiderando il mio vero bene, la salvezza eterna che mi viene donata accettando il suo Amore per me. Adesso posso amare i miei fratelli, poiché riconosco che quello stesso amore che mi sta salvando, salva anche loro.

 

Li amerò perciò all’interno dello stesso amore di Gesù, donando la mia vita e desiderando per loro quello che per me e per loro è il vero bene, la salvezza eterna. Non posso amare i miei fratelli rinnegando l’amore che mi sta salvando.

 

In un altro messaggio, che abbiamo già affrontato da diverse prospettive, Maria spiega perché l’amore a Dio, a sé stessi e al prossimo, sono realtà inseparabili:

“Cari figli, vi invito di nuovo maternamente ad amare, a pregare senza sosta per il dono dell’Amore, ad amare il Padre Celeste al di sopra di tutto. Quando amerete Lui, amerete voi stessi ed il vostro prossimo. Queste realtà non possono essere separate.” (2 novembre 2013).

 

Tutto però parte dal “dono dell’Amore”. Senza questo dono non si può amare il Padre nella Verità. Questo si spiega col fatto che nessun tipo di amore è vero ed efficace se non è lo stesso Amore di Dio ad agire. Io amo, anche me stesso, ma con l’Amore di Dio, altrimenti il mio amore potrebbe essere falsato da egoismo, se non addirittura da infiltrazioni di suggestioni maligne.

 

 

Franco Sofia

 

(Estratto con aggiornamenti da: Franco Sofia, Medjugorje. Apostoli della Regina della Pace. Ultima chiamata, Mimep, 2020, Capitolo Ottavo, “Maria maestra dei suoi Apostoli”) 


PrimaParte: LA COLONNA DI FUOCO NELLA NOTTE DELLA TENEBRA 

Sesta parte: APOSTOLI DEL MIO AMORE

SettimaParte: COLORO CHE CONOSCONO L’AMORE DI DIO

Ottava Parte: CONOSCERE E AMARE SE STESSI IN DIO

Nona Parte:CONFRONTO COL CONOSCI TE STESSO DEGLI ANTICHI

Decima Parte: AMARE SÉ STESSI?


venerdì 17 giugno 2022

QUAL È IL SEGRETO PER AMARE SÉ STESSI SENZA CADERE NELL’EGOCENTRISMO?

 

“QUESTA È LA CHIAMATA DELL’AMORE” (X PARTE)

 

Apparizione a Mirjana 2 aprile 2018

È necessario sapere che esiste un amore di sé stessi finalizzato al male, e un amore di sé stessi orientato al bene. Su questo ci viene in aiuto il messaggio del 2 febbraio 2018, nel quale troviamo questa definizione di amore di sé stessi corrispondente all’egoismo:

“Cari figli, voi che mio Figlio ama, voi che io amo con immenso amore materno, non permettete che l’egoismo, l’amore di voi stessi, regni nel mondo.”

 

Invece altre volte la Madonna ha insegnato che l’amore verso sé stessi viene prima dell’amore verso il prossimo. Come si spiega? Non c’è una contraddizione? Per comprendere che non c’è contraddizione occorre risalire ai messaggi nell’insieme. Ma prima dobbiamo ritornare al grande comandamento dell’amore che ci ha lasciato Gesù. A un dottore della legge che lo interrogava sul grande comandamento, Gesù rispose:

 

“«Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente». Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: «Ama il tuo prossimo come te stesso». Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti.” (Mt 22, 37-40).

 

Nel “secondo comandamento” il termine di confronto per l’amore del prossimo è l’amore di sé stessi. Non esiste un amore del fratello se prima non c’è amore verso sé stessi. E tuttavia anche l’amore verso sé stessi non può far a meno dell’amore a Dio, anzi questo è un assoluto, dal quale dipendono tutti gli altri tipi di amore.

 

Ora, quando si leggono i messaggi nei quali la Madonna parla dell’amore verso sé stessi, si capisce meglio che si tratta sempre di una esplicitazione del grande comandamento.

Mentre, al contrario, nel messaggio del 2 febbraio 2018, l’amore di sé stessi è una espressione dell’egoismo. E l’egoismo non è altro che l’amore verso sé stessi che esclude l’amore a Dio e ai fratelli. In realtà l’egoista si illude di amare se stesso, perché escludendo l’amore a Dio e ai fratelli esclude anche la propria salvezza. E chi esclude dal proprio orizzonte la salvezza eterna, non può amare veramente se stesso. Per questo motivo come abbiamo già fatto notare, “coloro che non conoscono l’Amore di Dio”, non solo non conoscono sé stessi, ma perseverando nella non conoscenza dell’Amore di Dio, alla fine rischiano di perdere sé stessi definitivamente.

 

(continua)

 

Franco Sofia

 

(Estratto con aggiornamenti da: Franco Sofia, Medjugorje. Apostoli della Regina della Pace. Ultima chiamata, Mimep, 2020, Capitolo Ottavo, “Maria maestra dei suoi Apostoli”)

 

PrimaParte: LA COLONNA DI FUOCO NELLA NOTTE DELLA TENEBRA 

Sesta parte: APOSTOLI DEL MIO AMORE

SettimaParte: COLORO CHE CONOSCONO L’AMORE DI DIO

Ottava Parte: CONOSCERE E AMARE SE STESSI IN DIO

Nona Parte:CONFRONTO COL CONOSCI TE STESSO DEGLI ANTICHI


 

lunedì 13 giugno 2022

La novità del “conosci te stesso” insegnato da Maria (a partire dal Vangelo) rispetto a quello di altre culture o religioni

 

“QUESTA È LA CHIAMATA DELL’AMORE” (IX PARTE)

  


 

CONFRONTO COL CONOSCI TE STESSO DEGLI ANTICHI E DEI PADRI DELLA CHIESA 

 

 

 

Gli antichi avevano intuito l’importanza del conoscere se stessi. Si sa che sul frontespizio del tempio di Apollo (fondato intorno al 1400 a.C.) a Delfi, Grecia, si trovava la scritta “conosci te stesso”. I grandi pensatori del passato l’avevano interpretato nel senso che l’uomo deve conoscere se stesso al fine di accettare la propria limitatezza, egli infatti non è come gli dèi immortali, ma un comune mortale.

Al contrario, per i cristiani, e soprattutto per i Padri della Chiesa, il conosci te stesso ha un ruolo importante per l’uomo poiché lo aiuta a scoprirsi creato a immagine di Dio.

 

Ora, il messaggio del 2 febbraio 2011, che la Madonna a Medjugorje ha dato alla veggente Mirjana, è un piccolo concentrato di sapienza che può venire solo dal Cielo. Già all’inizio c’è una frase che sembra richiamare il ragionamento degli antichi che immaginavano Dio secondo il proprio modo di pensare: “Vagando nelle tenebre, immaginate anche Dio stesso secondo il vostro modo di pensare e non quale è veramente nel suo Amore”.

Il culmine della rivelazione del Nuovo Testamento infatti è che Dio è Amore nella sua essenza. Questa conclusione è preclusa all’uomo che si affida alle sue sole forze e al solo suo modo di pensare, prescindendo dalla Rivelazione, cioè da un aiuto dall’alto.  

 

Invece la Madonna, come abbiamo visto precedentemente, indica la strada della grazia che si ottiene con la “vera preghiera”, quella che parte dalle “profondità del cuore”, dalla sofferenza, dalla gioia e dalla “richiesta di perdono dei peccati”. “Questa è la via per la conoscenza del vero Dio e con ciò stesso anche di se stessi, perché siete creati a Sua immagine”.

È evidente qui che la conoscenza di se stessi passa dalla conoscenza del Dio creatore, da quello che Maria chiama “vero Dio”, il Dio della rivelazione giudaico-cristiana, più che da elucubrazioni filosofiche o psicologiche fondate sul proprio modo di pensare.

E queste conclusioni sono anche un po’ diverse da quelle a cui giungevano gli stessi Padri della Chiesa, i quali nelle loro riflessioni conservavano reminiscenze filosofiche.

 

Nel messaggio del 2 dicembre 2013 la Madonna solleva di nuovo la questione, affermando che per conoscere la Verità di Gesù ed essere veri Apostoli occorre elevarsi al di sopra del pensiero umano:

 

Io desidero che voi conosciate la verità di mio Figlio e siate miei Apostoli; che, come figli di Dio, vi eleviate al di sopra del pensiero umano e, sempre ed in tutto, cerchiate nuovamente il pensiero di Dio. Figli miei, pregate e digiunate per poter comprendere tutto quello che vi chiedo”.  

 

 

 

IL "CONOSCI TE STESSO" CRISTIANO E QUELLO BUDDISTA.

 

 

Il Dalai Lama nel suo libro dal titolo “Conosci te stesso” spiega come allontanarsi da una percezione distorta del corpo e della mente, e liberarsi così dall'errore e dalla sofferenza, per giungere a considerare il mondo in una prospettiva più realistica e fondata sull'amore, attingendo, naturalmente, al pensiero buddhista.

Ma pur ammettendo, nelle grandi religioni soprattutto, la presenza dei “semi del Verbo”, come ci ha ricordato il Concilio Vaticano II, tuttavia questo pensiero che proviene dal Buddismo è agli antipodi della nostra religione. Col pensiero buddista ci troviamo in una inconciliabilità radicale; nel Buddismo, infatti, il conosci te stesso è una pratica filosofica che conduce l’uomo a comprendere che la sua pace, il suo fine è annullare la propria coscienza nel nulla indistinto del Nirvana: l’uomo è chiamato a diventare nulla. Nel Cristianesimo, invece, l’uomo è destinato a diventare l’Amore che è Dio, che è Amore eterno, e in Lui a non perdere la coscienza di sé, ma a trovarla nella sua pienezza.

Nel Buddismo si insegna a liberarsi dalla sofferenza, nella nostra religione si insegna a farne tesoro, pur nella opportuna ricerca dei mezzi che la medicina ci dona per il sollievo e la guarigione: il nostro Signore Gesù Cristo ci ha redenti e salvati con la sua passione e con la sua morte in croce.

 

Nel messaggio del 2 febbraio 2011, lo abbiamo già visto nelle riflessioni precedenti, la Madonna indica nella sofferenza uno dei trampolini per arrivare a conoscere il Padre, e da qui giungere alla conoscenza di se stessi. A questo proposito, nel messaggio del 2 dicembre 2013 la Gospa ha detto chiaramente che Figli miei, il Padre si conosce per mezzo della Croce. È, dunque, la sofferenza che diventa preghiera la porta per la conoscenza di sé stessi.

 

 

(continua)

 

Franco Sofia

 

(Estratto con aggiornamenti da: Franco Sofia, Medjugorje. Apostoli della Regina della Pace. Ultima chiamata, Mimep, 2020, Capitolo Ottavo, “Maria maestra dei suoi Apostoli”)

 

 PrimaParte: LA COLONNA DI FUOCO NELLA NOTTE DELLA TENEBRA 

Sesta parte: APOSTOLI DEL MIO AMORE

SettimaParte: COLORO CHE CONOSCONO L’AMORE DI DIO

Ottava Parte: CONOSCERE E AMARE SE STESSI IN DIO



mercoledì 8 giugno 2022

C'È UNA GRAZIA STRAORDINARIA ALL'OPERA QUI

 

L’eredità di mons. Hoser



Perché non è umano trasformare le persone in quel modo.

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Mons. Hoser: Anche persone dello spettacolo, celebrità ... Quando qualche anno fa abbiamo tenuto il Festival della Gioventù a luglio, una croata, Blanka Vlasić, alta 193 cm, campionessa del mondo di salto in alto, veniva da Spalato. Ed è stata testimone di come, da atleta, qui si è convertita e ha ritrovato il senso della vita, dell'azione e della preghiera. Ne ha parlato davanti a migliaia di persone e ha fatto una grande impressione.

Meraviglie ordinarie vengono offerte alle persone qui. 

Si recita insieme il rosario, si celebra l'Eucaristia, cioè si offre il pane quotidiano che da secoli la Chiesa dona agli uomini. Dopo l'Eucaristia c'è una preghiera di guarigione, ma è una preghiera ordinaria.

Alina Petrowa-Wasilewicz

16 settembre 2020

https://stacja7.pl/rozmowy/abp-hoser-medjugorie-apokalipsa-toczy-sie-teraz/

martedì 7 giugno 2022

SI STA REALIZZANDO LA PROFEZIA DEL MONTFORT SUGLI APOSTOLI DEGLI ULTIMI TEMPI?

 

Apparizione del 2 maggio 2018


Chiunque studia i messaggi che a Medjugorje ha dato alla veggente Mirjana la Madonna non può fare a meno di mettere a confronto il movimento degli Apostoli sorto in questi ultimi 20 anni con la profezia del Montfort sugli Apostoli degli ultimi tempi.

Ma cosa hanno in comune e cosa no?

Dal momento che la Madonna ha rivolto il primo invito a diventare suoi Apostoli (18 marzo 2000), è apparso evidente che si stava rivolgendo a tutti i suoi cari figli, cioè a tutti quelli che avevano già risposto alla sua chiamata, e questo senza distinzioni tra clero e laici.

Quindi la prima differenza in questo confronto consiste nel fatto che mentre il Montfort pensava a un esercito di sacerdoti; invece, qui la Madonna si rivolge principalmente a tutti i suoi “cari figli”.

Anzi, quando la Madonna ha dato questi suoi messaggi, neanche si è rivolta  direttamente ai pastori della Chiesa, se non in una occasione. In pratica, a loro non ha chiesto di diventare suoi Apostoli, anche se per due volte ha confermato “io con loro trionferò”. Non lo ha chiesto, ma solo per l’immenso rispetto che porta nei loro confronti; lasciando ad essi la decisione di rispondere se e quando lo vogliano.

Invece, nella prospettiva del  Montfort, ai laici non viene lasciato se non un piccolo spiraglio.     

Inoltre, il Montfort nella sua profezia parla di Ultimi Tempi e di seconda venuta di Gesù. Mentre invece Maria ha voluto degli Apostoli per accelerare l’arrivo del trionfo del suo Cuore Immacolato e i tempi nuovi.

C’è da dire, però, che il legame tra la visione del Montfort e la chiamata di Maria nel nostro tempo rimane molto suggestiva e presenta molti più aspetti in comune; al punto di poter dire che questa profezia si sta realizzando sotto i nostri occhi, anche se non esattamente come l’aveva prospettata san Luigi.

Vediamo allora alcuni di questi aspetti.  

Il 2012, per esempio, è quello che bisogna definire l’anno della grande chiamata.

A 300 anni esatti dal Trattato della vera devozione (1712), in cui san Luigi Maria Grignion de Montfort formula la profezia sugli Apostoli degli ultimi tempi, la Madonna scende in campo rendendo sempre più evidente, col progressivo utilizzo dell’espressione “Apostoli miei”, che questo è il tempo della realizzazione di quella profezia.

La Madonna precisa, inoltre, che la missione degli Apostoli viene dall’Alto: essi sono stati scelti.

“Egli [mio Figlio] mi ha scelto ed io, insieme a Lui, scelgo voi perché siate Apostoli del Suo Amore e della Sua Volontà.” (2 giugno 2012).

           

È anche l’anno del più importante messaggio sulla chiamata degli Apostoli, nel quale la Madonna rinnova in modo inequivocabile l’invito ad accettare la missione di Apostoli: “Accettate la missione e non temete: vi renderò forti.”. Eccolo:

“Cari figli, mentre i miei occhi vi guardano, la mia anima cerca anime con le quali vuole essere una cosa sola, anime che abbiano compreso l’importanza della preghiera per quei miei figli che non hanno conosciuto l’Amore del Padre Celeste. Vi chiamo perché ho bisogno di voi. Accettate la missione e non temete: vi renderò forti. Vi riempirò delle mie grazie. Col mio amore vi proteggerò dallo Spirito del Male. Sarò con voi. Con la mia presenza vi consolerò nei momenti difficili. Vi ringrazio per i cuori aperti.

 Pregate per i sacerdoti. Pregate perché l’unione tra mio Figlio e loro sia più forte possibile, affinché siano una cosa sola. Vi ringrazio.” (2 settembre 2012).

 

Ma sono tante le risonanze in comune.

Nel suo Trattato il Montfort, il geniale scopritore del Totus Tuus, arriva a dire:

“Uno dei principali motivi per cui lo Spirito Santo oggi non compie meraviglie clamorose nelle anime, è che non vi trova un'unione abbastanza forte con la sua fedele e indissolubile Sposa.” (Trattato della vera devozione a Maria, 36).

La Madonna, proprio nel messaggio del 2 settembre 2012, a sua volta, sembra aver chiesto ai suoi Apostoli qualcosa che assomiglia al Totus Tuus, cioè alla consacrazione concepita da san Luigi Grignion de Montfort, da cui partire per giungere ad una unione che sia superiore a tutto ciò che ha chiesto finora:

“Cari figli, mentre i miei occhi vi guardano, la mia anima cerca anime con le quali vuole essere una cosa sola.” (2 settembre 2012). 

 Addirittura, la traduzione letterale dell’originale croato non è “una cosa sola”, ma “una”, come dimostrano, ad esempio, le traduzioni in inglese, francese e portoghese.

 

Il Montfort afferma che è compito di Maria preparare gli Apostoli degli Ultimi Tempi.

 In effetti, anche se siamo sicuri che non abbiamo a che fare per il momento con gli Ultimi Tempi, tuttavia il modo in cui la Madonna ha preparato per vent’anni i suoi Apostoli richiama immediatamente gli Apostoli di cui ha parlato il Montfort. Ci sono molti elementi che accomunano la preparazione prevista da san Luigi con quella presente nei messaggi dati a Mirjana.

 

    Così, per esempio, tra gli attributi con i quali la Gospa ha definito i suoi Apostoli, colpisce, per i risvolti a cui conduce, l’invito a farsi piccoli:

“Figli miei, siate gioiosi nell’animo, siate puri, siate bambini.” (2 gennaio 2018);

“Cari figli, mio figlio era sorgente di amore e di luce quando, sulla terra, parlava al popolo di tutti i popoli. Apostoli miei, seguite la sua luce. Farlo non è facile: dovete essere piccoli, dovete farvi più piccoli degli altri e, con l’aiuto della fede, riempirvi del suo amore.” (2 gennaio 2017);   

“Apostoli del mio amore, fatevi piccoli!” (2 maggio 2018).

 

Allo stesso modo, san Luigi Maria Grignion de Montfort, quando tratteggia la figura degli Apostoli degli ultimi tempi, ne evidenzia l’essere piccoli:

Il potere di Maria su tutti i demoni si rivelerà specialmente negli ultimi tempi, quando Satana tenderà insidie al suo calcagno, cioè agli umili schiavi e ai devoti figli che ella susciterà per fargli guerra. Essi saranno piccoli e poveri secondo il mondo, in basso davanti a tutti come il calcagno, calpestati e maltrattati come lo è il calcagno rispetto alle altre membra del corpo; ma in cambio essi saranno ricchi nella grazia di Dio, che Maria comunicherà loro con abbondanza, grandi ed elevati in santità davanti a Dio, superiori ad ogni altra creatura per il loro zelo coraggioso e saranno così fortemente sostenuti dall'aiuto divino che con l'umiltà del loro calcagno e in unione a Maria schiacceranno il capo al demonio e faranno trionfare Gesù Cristo”. (Trattato della vera devozione a Maria, 54).

 

Franco Sofia

 

giovedì 2 giugno 2022

“Per conoscere e amare voi stessi dovete conoscere mio Figlio” (2 luglio 2010).

 


“QUESTA È LA CHIAMATA DELL’AMORE” (VIII PARTE)

 


 

CONOSCERE E AMARE SE STESSI IN DIO

«Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi lo riceve.» (Apocalisse 2,17).

 

 

 

Partiamo da una premessa che più avanti si scoprirà come necessaria, e in particolare da questa affermazione che troviamo nei messaggi affidati a Mirjana:

 

"Il Padre Celeste è in ogni uomo, ama ogni uomo e chiama ogni uomo col proprio nome." (2 novembre 2013).

 

Certo, è bello pensare che il Padre mi conosce col nome che mi hanno dato i miei genitori. Anzi, addirittura, ha contati i cappelli del mio capo:

“Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure, nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri.” (Mt 12, 6-7).

 

Ma io ritengo che la Madonna si riferisca a un altro nome.

 

 Qual è questo nome? Non quello che abbiamo ereditato dall'anagrafe familiare, ma quello che Lui, il Padre, ha scritto nei Cieli fin dall'eternità, quando ci ha tratti dal nulla. Neanche noi sappiamo quale sia questo nome, perché lo scopriremo quando Lo vedremo faccia a faccia. Il nome nuovo rappresenta il destino eterno di ogni uomo, ciò a cui fa riferimento il Signore Gesù:

 

"Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli", disse Gesù ai suoi discepoli.” (Lc 10,20).

 

Si tratta del Nome nuovo di cui parla l’Apocalisse: il “nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi lo riceve.” (Ap 2,17). In realtà questo nome è conosciuto da chi lo consegna, cioè Dio. Questo è il nome che è scritto nei cieli?

Sappiamo che il nome coincide con la stessa essenza della persona.

Dice papa Francesco: “Il nome nella Bibbia è la verità intima delle cose e soprattutto delle persone. Il nome rappresenta spesso la missione. Ad esempio, Abramo nella Genesi (cfr. 17,5) e Simon Pietro nei Vangeli (cfr. Gv 1,42) ricevono un nome nuovo per indicare il cambiamento della direzione della loro vita.”[1]

Alla fine della nostra vita, se ci salveremo, riceveremo un nome nuovo che corrisponde alla nostra identità eterna. 

Da qui la conseguenza terrificante per “coloro che non conoscono l’Amore di Dio”, di perdere sé stessi nel caso di “perdizione eterna”. 

Vi è mai capitato di porvi la domanda: Chi sono io?

La filosofia e le scienze umanistiche risponderanno che il nostro io non è altro che l’insieme dei sedimenti legati alla nostra formazione e cultura, nonché alle nostre esperienze.

Ma la nostra religione ci rivela ben altro.

San Francesco, sul monte della Verna,  passava le notti pregando: “Chi sei tu, o Dio? E chi sono io?” («Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?» FF 1915). Egli sta chiedendo a Dio di conoscere se stesso in Lui.

 Poiché siamo fatti per vivere in Dio, la nostra piena realizzazione passa dall’incontro con Lui.

Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.” (1Gv 3,2).

 La conoscenza di noi stessi, perciò, dipende dal nostro incontro con Dio, dalla conoscenza di Dio.

Siamo fatti a immagine di Dio, e quindi solo in Lui potremo ritrovare pienamente noi stessi, e vivere la nostra identità definitiva. Il nome nuovo mi distingue da tutti gli uomini di ogni tempo.

 

È questa l’esperienza che vissero i tre pastorelli di Fatima durante la prima apparizione del 13 maggio 1917:

“Fu al pronunciare queste ultime parole («La grazia di Dio ecc.»), che [la Madonna] aperse per la prima volta le mani, comunicandoci una luce così intensa, come un riflesso che da esse usciva, che ci penetrava nel petto e nel più intimo dell'anima, facendoci vedere noi stessi in Dio, che era quella stessa luce, più chiaramente di quanto non ci vediamo nel migliore degli specchi.” ( Lucia di Fatima, Memorie, IV Memoria).

 

In questa prospettiva ci chiediamo fin dove è possibile anticipare su questa terra la conoscenza di se stessi.  In questa vita noi possiamo conoscere noi stessi conoscendo Dio, sulla scia di come i tre pastorelli di Fatima hanno visto se stessi in Dio.  Ma il mediatore della conoscenza di Dio in questa terra è Gesù, da qui la ricetta di Maria:

“Per conoscere e amare voi stessi dovete conoscere mio Figlio, mentre per conoscere ed amare gli altri dovete vedere in essi mio Figlio.” (2 luglio 2010).


Quando conosciamo Gesù, quello è il momento in cui conosciamo noi stessi, come è accaduto a Pietro. Quando Gesù chiede ai suoi apostoli: “«Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «[…] tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.»" (Mt 16, 15 -19).

Ma conoscere chi è Gesù è un evento di grazia, non è un frutto dei nostri studi o riflessioni. Gesù, infatti, a Pietro dice: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.” (Mt 16, 17).

 

E infatti nel messaggio del 2 luglio 2010, citato prima, la Madonna si appresta ad aggiungere:

“Perciò, figli miei, pregate, pregate per comprendere e abbandonarvi con spirito libero, per trasformarvi completamente ed avere in questo modo il Regno dei Cieli nel vostro cuore sulla terra”.


Nel messaggio del 2 febbraio 2011 la Madonna lascia intendere che alla conoscenza del vero Dio corrisponde anche la conoscenza di se stessi. Per questo serve la preghiera, ma la vera, quella che “proviene dalla profondità del vostro cuore, dalla vostra sofferenza, dalla vostra gioia, dalla vostra richiesta di perdono dei peccati”:

"Cari figli, vi radunate intorno a me, cercate la vostra strada, cercate, cercate la Verità, ma dimenticate la cosa più importante: dimenticate di pregare correttamente. Le vostre labbra pronunciano parole senza numero, ma il vostro spirito non prova nulla. Vagando nelle tenebre, immaginate anche Dio stesso secondo il vostro modo di pensare e non quale è veramente nel Suo Amore. Cari figli, la vera preghiera proviene dalla profondità del vostro cuore, dalla vostra sofferenza, dalla vostra gioia, dalla vostra richiesta di perdono dei peccati. Questa è la via per la conoscenza del vero Dio e con ciò stesso anche di se stessi, perché siete creati a Sua immagine. La preghiera vi condurrà al compimento del mio desiderio, della mia missione qui con voi, l’unità nella famiglia di Dio. Vi ringrazio." (2 febbraio 2011).

 

Chi, dunque, non conosce l’Amore di Dio, non conosce Dio, e se permane in questa condizione, alla fine della propria vita rischia di perdere se stesso. Questa è la tragedia di chi va all’Inferno: perdere Dio, e quindi perdere tutto, anche se stessi.

 

Vicino a queste riflessioni è Thomas Merton quando definisce la santità: “Per me essere santo significa essere me stesso. Quindi il problema della santità e della salvezza è in pratica il problema di trovare chi sono io e di scoprire il mio vero essere. Alberi e animali non hanno problemi. Dio li ha fatti quali sono senza consultarli, ed essi sono perfettamente soddisfatti. Per noi è diverso. Dio ci lascia liberi di essere ciò che preferiamo. Noi possiamo essere noi stessi, o non esserlo, a nostro piacere. Siamo liberi di essere reali o illusori. Possiamo essere veri o falsi, la scelta dipende da noi.”.  (Merton T., Semi di contemplazione, https://www.monasterovirtuale.it/ ).

 

Su questa stessa lunghezza d’onda è una sua riflessione sulla gioia: “La pienezza di gioia che troviamo nelle creature appartiene alla realtà dell'essere creato, una realtà che viene da Dio e appartiene a Dio e riflette Dio. L'angoscia che troviamo in esse appartiene al disordine del nostro desiderio, che cerca nell'oggetto del nostro desiderio una realtà più grande di quella che esso realmente possegga, una pienezza maggiore di quanto qualsiasi cosa creata è capace di dare. Invece di adorare Dio attraverso il Suo creato, noi cerchiamo sempre di adorare noi stessi nelle creature. Ma adorare il nostro falso io è adorare il nulla. E adorare il nulla è l'inferno. (  Merton T., Semi di contemplazione, https://www.monasterovirtuale.it/ ).

 

(continua)

 

Franco Sofia

 

(Estratto con aggiornamenti da: Franco Sofia, Medjugorje. Apostoli della Regina della Pace. Ultima chiamata, Mimep, 2020, Capitolo Ottavo, “Maria maestra dei suoi Apostoli”)

 

PrimaParte: LA COLONNA DI FUOCO NELLA NOTTE DELLA TENEBRA 

Sesta parte: APOSTOLI DEL MIO AMORE

SettimaParte: COLORO CHE CONOSCONO L’AMORE DI DIO


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Spunti di riflessione:

 

«O, Dio tu mi conosci, e io conoscerò te come tu conosci me. O forza della mia anima, entra in essa e rendila simile a te, così da possederla senza macchia e senza ruga. E anche se non volessi dir nulla, che cosa di mio potrebbe rimanere nascosto a te, Signore, al cui sguardo si apre l’abisso della umana conoscenza? Non potrei mai nascondermi a te: semmai nasconderei te a me! E non voglio più piacere né a me né a te se non in quello che riguarda te, Signore, che conosci quello che sono» (Agostino, Confessioni, X, 1-2).

 

«Se Dio è, anche l’uomo è, una volta che Dio gli si è manifestato. È l’incontro dell’uomo con Dio che fa sì che l’uomo, in questo contatto, si senta liberato. L’uomo veramente vive come uomo, vive in quanto la creazione e tutti i tempi non hanno la capacità di cancellarlo, di sopprimerlo, di soffocarlo, di farlo scomparire; vive, l’uomo, quando si è incontrato con Dio. Dio che si rivela a Mosè è il Dio medesimo che si è rivelato ad Abramo; ed ecco, Abramo, Mosè, questi uomini veramente “sono”. Per Mosè inizia una nuova vita: finora era uno dei tanti e non aveva una sua vita, non aveva un suo nome: Dio ha avuto un nome per lui, ed egli stesso ora ha un nome per sempre. Non per nulla la vocazione divina importa per l’eletto il cambiamento del nome: Tu (Simone) sei Pietro (Mt 16,18); non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele (Gen 35,10). L’incontro con Dio dà all’uomo un nuovo nome, il “suo” nome, il nome che gli rimane per sempre».(D. Barsotti, Meditazione sull’Esodo).

 

«L’anima non conosce il proprio nome finché Dio non la chiama, Dio solo, lui che l’ha creata, lo sa e quando Egli la chiama, finalmente essa si scuote dal sonno e conosce se stessa. Viviamo nel mondo, sconosciuti gli uni agli altri, sconosciuti anche a noi stessi.

Ci si cerca a tentoni, come nella nebbia e non riusciamo a raggiungerci. Quando Egli finalmente ci chiama comincia la vita. “Una voce: il mio diletto”. L’anima sorge, si alza, risponde. Qualcosa di simile avviene anche nell’amore umano. Per questo l’amore umano può dirci qualcosa di quello che avviene quando Dio ci chiama. L’anima sente ora soltanto di vivere, quando si sente conosciuta e amata. Finché Dio non ti chiama per nome, tu non sei ancora una persona, l’unica sposa»  (D. Barsotti, Meditazione sul Cantico dei Cantici).

 

«Io sono creato per fare e per essere qualcuno per cui nessun altro è creato. Io occupo un posto mio nei piani di Dio, nel mondo di Dio: un posto da nessun altro occupato.

Poco importa che io sia ricco, povero, disprezzato o stimato dagli uomini: Dio mi conosce e mi chiama per nome. Egli mi ha affidato un lavoro che non ha affidato a nessun altro, io ho la mia missione»  (J.H. Newman, “Quanto un Arcangelo”, in Preghiere e meditazioni).

 

«Quando Dio ti chiama per nome esprime con questo il fatto che per Lui davanti a Dio sei unico. Dio stesso ti ha creato. Tu gli appartieni. Dio si rivolge a te, Dio ti conosce per nome, conosce il tuo cuore, sa che cosa provi. Si rivolge a te personalmente e ha una relazione individuale con te. Non sei solo uno tra i tanti. Sei unico. Dal momento della tua nascita in poi il Signore ti ha chiamato per nome» (A. Grün, Ti ho chiamato per nome).

 

«Il senso fondamentale dell’esistenza è l’aver compreso chi è il Signore per me, in rapporto a me. Nel momento in cui Pietro ha detto a Gesù: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, ha scoperto anche se stesso e, infatti, Gesù gli risponde: “Io ti dico: tu sei Pietro”. Quando abbiamo capito davvero questo dialogo fondamentale, abbiamo compreso tantissime cose e potremo diventare testimoni di quel “tu” che abbiamo imparato a conoscere e che ci ha dato la conoscenza del nostro essere» (C.M. Martini, Tu mi scruti e mi conosci).

 (Fonte di questi brani:   https://rivistavocazioni.chiesacattolica.it/wpcontent/uploads/2020/02/ado_10.pdf


[1] Papa Francesco, Catechesi sui Comandamenti: 6. Rispettare il nome del Signore, mercoledì, 22 agosto 2018