MITI
E UMILI DI CUORE
“Imparate
da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29).
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IL CUORE
DEGLI APOSTOLI DELLA REGINA DELLA PACE SIMILE AL CUORE DI GESÙ
Non è da confondere
con una qualità del carattere umano. La mitezza è un altro dono fondamentale
che si riceve o che si recupera attraverso la purificazione del cuore, ma che
poi va coltivato, facendolo fruttificare: i frutti dello Spirito.
“Cari figli! Nel grande amore di Dio oggi vengo a voi per
condurvi sulla via dell'umiltà e della mitezza. Prima stazione su
questa via, figli miei, è la confessione. Rinunciate al vostro orgoglio e
inginocchiatevi davanti al mio Figlio. Comprendete, figli miei, che non
avete niente e non potete niente. L'unica cosa vostra e quello che possedete è
il peccato. Purificatevi e accettate la mitezza e l'umiltà. Mio Figlio avrebbe
potuto vincere con la forza, ma ha scelto la mitezza, l'umiltà e l'amore.
Seguite mio Figlio e datemi le vostre mani, affinché insieme saliamo sul monte
e vinciamo. Vi ringrazio” (2 luglio 2007).
Quello del 2 luglio 2007 è il
messaggio per eccellenza sulla mitezza. La Madonna, nei messaggi dati a
Mirjana, ha utilizzato sette volte il termine mitezza. Se può interessare, nel
resto dei messaggi dati a Medjugorje fin dall’inizio, questo termine non viene
mai utilizzato. Nel messaggio del 2 luglio 2007, mitezza è accostata per due
volte ad umiltà, e una volta insieme ad umiltà e amore. Negli altri tre, due volte è accostato alla
bontà (2 settembre 2008; 2 dicembre 2010); una volta è presentato come una
caratteristica di Maria, come Madre, nel momento in cui si china sulle nostre
sofferenze (“vi parlerò con mitezza
materna”, 2 maggio 2015). L’ultima volta, in cui troviamo l’uso del termine
mitezza in ordine di tempo, è nel messaggio del 2 aprile 2018. Qui sono
accostate sei qualità interessanti dell’Apostolo: “umiltà decisa e bontà”,
“disponibilità a servire gli altri”, “mitezza, tenerezza e amore verso mio
Figlio come anche verso i vostri fratelli e sorelle”[1].
La mitezza, insieme alla bontà, è
il dono che aiuta a chinarsi sulle sofferenze degli altri. Non per niente
tutt’e due fanno parte dell’elenco dei frutti dello Spirito enumerati da san
Paolo in Galati 5, 22.
“Se c’è il dolore negli
occhi del vostro fratello allontanatelo con la vostra mitezza e bontà, perché senza amore siete persi” (2 settembre 2008).
Anche nel famoso brano evangelico
in cui Gesù parla del suo Cuore come “mite e umile”, è evidente come la mitezza
viene incontro alle sofferenze dell’uomo (“voi che siete stanchi e oppressi”):
“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò
ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e
umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è
dolce e il mio peso leggero” (Mt 11, 28-30).
Gesù qui lascia intendere che
mitezza e umiltà sono doti del cuore che aiutano a portare le croci proprie e
quelle degli altri. La mitezza è un attributo dell’Agnello di Dio che porta i
peccati del mondo. È il modo in cui Gesù ha affrontato tutta la sua passione.
Il suo ingresso a Gerusalemme su un’asina[2],
rimanda al profeta Zaccaria (9,9): “Dite
alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su
un puledro, figlio di una bestia da soma” (Mt 21,5). La mitezza, anche nel momento più crudele e
duro, ha indotto il Cuore di Cristo a scusare i suoi crocifissori davanti al
Padre “perché non sanno quello che fanno”
(Lc 23, 34). Perciò si può dire che la mitezza è il dono che inclina ad essere
favorevole al perdono, e anzi a non far attendere il perdono: “non tramonti il sole sopra la vostra ira” (Ef
4,26).
Mentre nel messaggio del 2 aprile
2018, mitezza, umiltà e bontà inclinano al servizio e all’amore di Gesù e del
prossimo.
È a causa della mitezza, bontà e
amore del Cuore di Cristo che Maria viene nelle sue apparizioni ad aiutare
l’umanità:
“Cari figli, oggi qui con voi
prego affinché troviate la forza di aprire i vostri cuori e di conoscere così
l’enorme Amore del Dio sofferente. Per questo Suo amore, bontà e mitezza io sono con voi. Vi invito affinché questo
tempo particolare di preparazione sia tempo di preghiera, penitenza e
conversione. Figli miei, avete bisogno di Dio. Non potete andare avanti senza
mio Figlio. Quando comprenderete e accetterete questo, si realizzerà ciò che vi
è promesso. Per mezzo dello Spirito Santo nascerà nei vostri cuori il Regno dei
Cieli. Io vi conduco a questo. Vi ringrazio” (2 dicembre 2010).
Anche Maria si china con mitezza materna sulle nostre
sofferenze:
“Figli miei, io vi
conosco: conosco i vostri dolori e le vostre sofferenze perché le ho vissute.
Gioisco con voi nelle vostre gioie. Piango con voi nei vostri dolori. Non vi
abbandonerò mai. Vi parlerò sempre con
mitezza materna e, come Madre, ho bisogno dei vostri cuori aperti, affinché
con la sapienza e la semplicità diffondiate l’amore di mio Figlio” (2 maggio 2015).
Franco Sofia
[1]
Ecco il messaggio per intero: “Cari figli, per mezzo del grande amore del Padre
Celeste, sono con voi come vostra Madre e voi siete con me come miei figli,
come Apostoli del mio amore che senza sosta raduno attorno a me. Figli miei,
voi siete quelli che, con la preghiera, dovete abbandonarvi totalmente a mio
Figlio, affinché non siate più voi a vivere, ma mio Figlio in voi; in modo che
tutti quelli che non lo conoscono, lo vedano in voi e desiderino conoscerlo.
Pregate che vedano in voi umiltà decisa e bontà, disponibilità a servire gli
altri; che vedano che voi vivete col cuore la vostra vocazione nel mondo, in
comunione con mio Figlio. Che vedano in voi mitezza, tenerezza ed amore verso
mio Figlio, come anche verso i vostri fratelli e sorelle. Apostoli del mio
amore, dovete pregare molto e purificare i vostri cuori, in modo che siate voi
i primi a camminare sulla via di mio Figlio; in modo che siate voi i giusti
uniti dalla giustizia di mio Figlio. Figli miei, come miei Apostoli dovete
essere uniti nella comunione che scaturisce da mio Figlio, affinché i miei
figli, che non conoscono mio Figlio, riconoscano una comunione d’amore e
desiderino camminare sulla via della Vita, sulla via dell’unità con mio Figlio”
(2 aprile 2018).
[2]
“L’autoritratto di Gesù si ripresenta nell’evento messianico dell’ingresso a
Gerusalemme ove si rimanda al profeta Zaccaria (9,9): «Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su
un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma» (Mt 21,5). In questo passo divenuto celebre il Messia è
tratteggiato dal profeta non come un guerriero vittorioso né come un
condottiero regale lanciato alla conquista, bensì come il Servo obbediente a
Dio e misericordioso verso gli uomini. Cristo non assume, dunque, le vesti di
un dominatore e neppure quelle di un sacerdote aristocratico e glorioso, né il
suo è il profilo di un profeta incendiario” (Gianfranco Ravasi, Le prediche di
Spoleto/4. MITEZZA, la forza della ragione, Avvenire,
sabato 4 luglio 2015, www.avvenire.it).
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