“Ci ha amati”, l’Enciclica del Papa sul Sacro Cuore di
Gesù
UNA PRESENTAZIONE DELLA NUOVA ENCICLICA DI PAPA FRANCESCO
24 ottobre 2024
“Dilexit nos”, quarta Enciclica di Francesco, ripercorre
tradizione e attualità del pensiero “sull’amore umano e divino del cuore di
Gesù Cristo”, invitando a rinnovare la sua autentica devozione per non
dimenticare la tenerezza della fede, la gioia di mettersi al servizio e il
fervore della missione: perché il Cuore di Gesù ci spinge ad amare e ci invia
ai fratelli
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“«Ci ha amati», dice San Paolo riferendosi a Cristo (Rm
8,37), per farci scoprire che da questo amore nulla «potrà mai separarci» (Rm
8,39)”. Inizia così la quarta Enciclica di Papa Francesco, intitolata
dall’incipit “Dilexit nos” e dedicata all’amore umano e divino del Cuore di
Gesù Cristo: “Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni,
senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua
amicizia: Egli ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10). Grazie a Gesù «abbiamo
conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16)” (1).
LEGGI
QUI IL TESTO INTEGRALE DELL'ENCICLICA
L’AMORE DI CRISTO RAPPRESENTATO NEL SUO SANTO CUORE
In una società - scrive il Papa - che vede moltiplicarsi
“varie forme di religiosità senza riferimento a un rapporto personale con un
Dio d’amore” (87), mentre il cristianesimo spesso dimentica “la tenerezza della
fede, la gioia della dedizione al servizio, il fervore della missione da
persona a persona” (88), Papa Francesco propone un nuovo approfondimento
sull’amore di Cristo rappresentato nel suo santo Cuore e invita a rinnovare la
sua autentica devozione ricordando che nel Cuore di Cristo “possiamo trovare
tutto il Vangelo” (89): è nel suo Cuore che “riconosciamo finalmente noi stessi
e impariamo ad amare” (30).
IL MONDO SEMBRA AVER PERSO IL CUORE
Francesco spiega che incontrando l’amore di Cristo,
“diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di
ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune”, come
invita a fare nelle sue Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli
tutti (217). E davanti al Cuore di Cristo, chiede al Signore “di avere
ancora una volta compassione di questa terra ferita” e riversi su di lei “i
tesori della sua luce e del suo amore”, affinché il mondo, “che sopravvive tra
le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso anti-umano della
tecnologia, possa recuperare ciò che è più importante e necessario: il cuore”
(31). Nell’annunciare la preparazione del documento, al termine dell’udienza
generale del 5 giugno, il Pontefice aveva chiarito che avrebbe aiutato a
meditare sugli aspetti “dell’amore del Signore che possano illuminare il
cammino del rinnovamento ecclesiale; ma anche che dicano qualcosa di
significativo a un mondo che sembra aver perso il cuore”. E questo mentre sono
in corso le celebrazioni per il 350° anniversario della prima manifestazione
del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, nel 1673, che si
chiuderanno il 27 giugno 2025.
L’IMPORTANZA DI TORNARE AL CUORE
Aperta da una breve introduzione e articolata in cinque
capitoli, l’Enciclica sul culto del Sacro Cuore di Gesù raccoglie, come
preannunciato a giugno, “le preziose riflessioni di testi magisteriali
precedenti e di una lunga storia che risale alle Sacre Scritture, per
riproporre oggi, a tutta la Chiesa, questo culto carico di bellezza
spirituale”.
Il primo capitolo, “L’importanza del cuore”, spiega
perché serva “ritornare al cuore” in un mondo nel quale siamo tentati di
“diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato”
(2). Lo fa analizzando cosa intendiamo per “cuore”: la Bibbia ce ne parla come
di un nucleo “che sta dietro ogni apparenza” (4), luogo dove “non conta ciò che
si mostra all’esterno o ciò che si nasconde, lì siamo noi stessi” (6). Al cuore
portano le domande che contano: che senso voglio che abbiano la mia vita, le
mie scelte o le mie azioni, chi sono davanti a Dio (8). Il Papa sottolinea che
l’attuale svalutazione del cuore nasce “nel razionalismo greco e precristiano,
nell’idealismo postcristiano e nel materialismo”, così che nel grande pensiero
filosofico si sono preferiti concetti come quelli di “ragione, volontà o
libertà”. E non trovando posto per il cuore, “non è stata sviluppata ampiamente
nemmeno l’idea di un centro personale” che può unificare tutto, e cioè l’amore
(10). Invece, per il Pontefice, bisogna riconoscere che “io sono il mio cuore, perché
esso è ciò che mi distingue, mi configura nella mia identità spirituale e mi
mette in comunione con le altre persone” (14).
IL MONDO PUÒ CAMBIARE A PARTIRE DAL CUORE
È il cuore “che unisce i frammenti” e rende possibile
“qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il
cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo” (17). La
spiritualità di santi come Ignazio di Loyola (accettare l’amicizia del Signore
è una questione di cuore) e san John Henry Newman (il Signore ci salva parlando
al nostro cuore dal suo sacro Cuore) ci insegna, scrive Papa Francesco, che
“davanti al Cuore di Gesù vivo e presente, la nostra mente, illuminata dallo
Spirito, comprende le parole di Gesù” (27). E questo ha conseguenze sociali,
perché il mondo può cambiare “a partire dal cuore” (28).
“GESTI E PAROLE D’AMORE”
Ai gesti e alle parole d’amore di Cristo è dedicato il
secondo capitolo. I gesti con i quali ci tratta come amici e mostra che Dio “è
vicinanza, compassione e tenerezza”, si vedono negli incontri con la
samaritana, con Nicodemo, con la prostituta, con la donna adultera e con il
cieco sulla strada (35). Il suo sguardo, che “scruta l’intimo del tuo essere”
(39), mostra che Gesù “presta tutta la sua attenzione alle persone, alle loro
preoccupazioni, alle loro sofferenze” (40). In modo tale “da ammirare le cose
buone che riconosce in noi” come nel centurione, anche se gli altri le ignorano
(41). La sua parola d’amore più eloquente è l’essere “inchiodato sulla Croce”,
dopo aver pianto per l’amico Lazzaro e aver sofferto nell’Orto degli Ulivi,
consapevole della propria morte violenta “per mano di quelli che Lui tanto
amava” (46).
IL MISTERO DI UN CUORE CHE HA TANTO AMATO
Nel terzo capitolo, “Questo è il cuore che ha tanto amato”,
il Pontefice ricorda come la Chiesa riflette e ha riflettuto in passato “sul
santo mistero del Cuore del Signore”. Lo fa riferendosi all’Enciclica di Pio
XII Haurietis aquas, sulla devozione al Sacro Cuore di Gesù (1956).
Chiarisce che “la devozione al Cuore di Cristo non è il culto di un organo
separato dalla Persona di Gesù”, perché noi adoriamo “Gesù Cristo intero, il
Figlio di Dio fatto uomo, rappresentato in una sua immagine dove è evidenziato
il suo cuore” (48). L’immagine del cuore di carne, sottolinea il Papa, ci aiuta
a contemplare, nella devozione, che “l’amore del Cuore di Gesù Cristo, non
comprende soltanto la carità divina, ma si estende ai sentimenti dell’affetto
umano” (61) Il suo Cuore, prosegue Francesco citando Benedetto XVI, il suo
contiene un “triplice amore”: quello sensibile del suo cuore fisico “e il suo
duplice amore spirituale, l’umano e il divino” (66), in cui troviamo
“l’infinito nel finito” (64).
IL SACRO CUORE DI GESÙ È UNA SINTESI DEL VANGELO
Le visioni di alcuni santi, particolarmente devoti al Cuore
di Cristo – precisa Francesco – “sono stimoli belli che possono motivare e fare
molto bene”, ma “non sono qualcosa che i credenti sono obbligati a credere come
se fossero la Parola di Dio”. Quindi il Papa ricorda con Pio XII che non si può
dire che questo culto “debba la sua origine a rivelazioni private”. Anzi, “la
devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita cristiana in
quanto significa l’apertura piena di fede e di adorazione al mistero dell’amore
divino e umano del Signore, tanto che possiamo affermare ancora una volta che
il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo” (83). Il Pontefice invita poi a
rinnovare la devozione al Cuore di Cristo anche per contrastare “nuove
manifestazioni di una ‘spiritualità senza carne’ che si moltiplicano nella
società” (87). È necessario tornare alla “sintesi incarnata del Vangelo” (90)
davanti a “comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme
strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani,
riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a
volte si pretende di imporre a tutti” (88).
L’ESPERIENZA DI UN AMORE “CHE DÀ DA BERE”
Negli ultimi due capitoli, Papa Francesco mette in evidenza
i due aspetti che “la devozione al Sacro Cuore dovrebbe tenere uniti per
continuare a nutrirci e ad avvicinarci al Vangelo: l’esperienza spirituale
personale e l’impegno comunitario e missionario” (91). Nel quarto, “L’amore
che dà da bere”, rilegge le Sacre Scritture, e con i primi cristiani,
riconosce Cristo e il suo costato aperto in “colui che hanno trafitto” che Dio
riferisce a se stesso nella profezia del libro di Zaccaria. Una sorgente aperta
per il popolo, per placare la sua sete dell’amore di Dio, “per lavare il
peccato e l’impurità” (95). Diversi Padri della Chiesa hanno menzionato
“la ferita del costato di Gesù come origine dell’acqua dello Spirito”, su tutti
Sant’Agostino, che “ha aperto la strada alla devozione al Sacro Cuore
come luogo di incontro personale con il Signore” (103). A poco a poco
questo costato ferito, ricorda il Papa “venne assumendo la figura del cuore”
(109), ed elenca diverse donne sante che “hanno raccontato esperienze del loro
incontro con Cristo, caratterizzato dal riposo nel Cuore del Signore” (110). Tra
i devoti dei tempi moderni, l’Enciclica parla prima di tutto di San Francesco
di Sales, che raffigura la sua proposta di vita spirituale con “un cuore
trafitto da due frecce, racchiuso in una corona di spine” (118)
LE APPARIZIONI A SANTA MARGHERITA MARIA ALACOQUE
Sotto l’influsso di questa spiritualità, Santa Margherita
Maria Alacoque racconta le apparizioni di Gesù a Paray-le-Monial, tra la fine
di dicembre 1673 e il giugno 1675. Il nucleo del messaggio che ci viene
trasmesso può essere riassunto in quelle parole che Santa Margherita ha udito:
“Ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini e che nulla ha risparmiato
fino ad esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo Amore” (121).
TERESA DI LISIEUX, IGNAZIO DI LOYOLA E FAUSTINA KOWALSKA
Di Santa Teresa di Lisieux, il documento ricorda il chiamare
Gesù “Colui il cui cuore batteva all’unisono col mio” (134) e le sue lettere
alla sorella suor Maria, che aiuta a non concentrare la devozione al Sacro
Cuore “su un aspetto doloristico” quello di chi intendeva la riparazione come
un “primato dei sacrifici”, ma sulla fiducia “come la migliore offerta, gradita
al Cuore di Cristo” (138). Il Pontefice gesuita dedica alcuni passi
dell’Enciclica anche al posto del Sacro Cuore nella storia della Compagnia di
Gesù, sottolineando che nei suoi Esercizi Spirituali, Sant’Ignazio di Loyola
propone all’esercitante “di entrare nel Cuore di Cristo” in un dialogo da cuore
a cuore. Nel dicembre 1871, padre Beckx consacrò la Compagnia al Sacro
Cuore di Gesù e padre Arrupe lo fece nuovamente nel 1972 (146). Le esperienze
di Santa Faustina Kowalska, si ricorda, ripropongono la devozione “con un forte
accento sulla vita gloriosa del Risorto e sulla misericordia divina” e motivato
da queste, anche San Giovanni Paolo II “ha collegato intimamente la sua
riflessione sulla misericordia con la devozione al Cuore di Cristo” (149).
Parlando della “devozione della consolazione”, l’Enciclica spiega che davanti
ai segni della Passione conservati dal cuore del Risorto, è inevitabile “che il
credente desideri rispondere” anche “al dolore che Cristo ha accettato di
sopportare per tanto amore” (151). E chiede “che nessuno si faccia
beffe delle espressioni di fervore credente del santo popolo fedele di Dio, che
nella sua pietà popolare cerca di consolare Cristo” (160). Perché poi
“desiderosi di consolarlo, ne usciamo consolati” e “possiamo anche noi consolare
quelli che si trovano in ogni genere di afflizione” (162).
LA DEVOZIONE AL CUORE DI CRISTO CI INVIA AI FRATELLI
Il quinto e ultimo capitolo “Amore per amore” approfondisce
la dimensione comunitaria, sociale e missionaria di ogni autentica devozione al
Cuore di Cristo, che, nel momento in cui “ci conduce al Padre, ci invia ai
fratelli” (163). Infatti l’amore per i fratelli è il “gesto più grande che
possiamo offrirgli per ricambiare amore per amore” (167). Guardando alla storia
della spiritualità, il Pontefice ricorda che l’impegno missionario di San
Charles de Foucauld lo rese “fratello universale”: “lasciandosi plasmare dal
Cuore di Cristo, voleva ospitare nel suo cuore fraterno tutta l’umanità
sofferente” (179). Francesco parla poi della “riparazione”, come spiegava San
Giovanni Paolo II: “offrendoci insieme al Cuore di Cristo, «sulle rovine accumulate
dall’odio e dalla violenza, potrà essere costruita la civiltà dell’amore tanto
desiderato, il regno del cuore di Cristo»” (182).
LA MISSIONE DI FAR INNAMORARE IL MONDO
L’Enciclica ricorda ancora con San Giovanni Paolo II che “la
consacrazione al Cuore di Cristo «è da accostare all’azione missionaria della
Chiesa stessa, perché risponde al desiderio del Cuore di Gesù di propagare nel
mondo, attraverso le membra del suo Corpo, la sua dedizione totale al Regno».
Di conseguenza, attraverso i cristiani, «l’amore sarà riversato nei cuori degli
uomini, perché si edifichi il corpo di Cristo che è la Chiesa e si costruisca
anche una società di giustizia, pace e fratellanza»” (206). Per evitare il
grande rischio, sottolineato da San Paolo VI, che nella missione “si dicano e
si facciano molte cose, ma non si riesca a provocare il felice incontro con
l’amore di Cristo” (208), servono “missionari innamorati, che si lascino ancora
conquistare da Cristo” (209).
LA PREGHIERA DI FRANCESCO
Il testo si conclude con questa preghiera di Francesco:
“Prego il Signore Gesù che dal suo Cuore santo scorrano per tutti noi fiumi di
acqua viva per guarire le ferite che ci infliggiamo, per rafforzare la nostra
capacità di amare e servire, per spingerci a imparare a camminare insieme verso
un mondo giusto, solidale e fraterno. Questo fino a quando celebreremo
felicemente uniti il banchetto del Regno celeste. Lì ci sarà Cristo risorto,
che armonizzerà tutte le nostre differenze con la luce che sgorga incessantemente
dal suo Cuore aperto. Che sia sempre benedetto!” (220).
https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2024-10/ci-ha-amati-enciclica-del-papa-sul-sacro-cuore-di-gesu.html
Nessun commento:
Posta un commento