MEDJUGORJE, “SCUOLA” DI SANTITÀ
Emilia Flocchini- sabato 5 ottobre 2024
Fra i pellegrini in visita alla località legata alla “Regina
della pace”, donne e uomini candidati alla beatificazione. Come Chiara
Corbella, che vi tornò anche poche settimane prima di morire.
Tra i numerosi pellegrini che hanno visitato Medjugorje ci
sono anche alcune persone per le quali sono in corso le rispettive cause di
beatificazione e canonizzazione. Nelle loro visite in quel luogo, hanno
sperimentato quello che la Nota vaticana «La Regina della pace» dello scorso 19
settembre riporta, a riguardo di come «sembra che le persone vadano a
Medjugorje soprattutto per rinnovare la propria fede piuttosto che in ragione
di precise richieste concrete». Già a tre anni dall’inizio delle presunte apparizioni
mariane, se ne era interessato il venerabile Uberto Mori (1926-1989),
padre di famiglia, terziario francescano, ingegnere e imprenditore nel campo
della ceramica, ma anche impegnato nei nuovi mezzi di comunicazione. Nel 1980,
diventato titolare dell’emittente modenese Antenna Uno, ne curò anche i programmi
religiosi, a cominciare da “Cieli aperti”, condotto da lui medesimo. La prima
puntata andò in onda il 25 giugno (giorno non casuale) 1984: in molte
occasioni, Mori ospitò in studio in studio padre Slavko Barbaric, padre Jozo
Zovko e don Gabriele Amorth, e trasmise le immagini amatoriali da lui stesso
girate sul campo. Negli stessi anni, precisamente nel 1982, Alessandro
Nottegar (1943-1986), medico missionario in Brasile, anche lui
venerabile, leggeva un articolo sulle presunte apparizioni. Quasi subito si
consacrò alla Regina della pace con tutta la famiglia, mentre a ridosso dell’8
settembre 1983 compì il primo viaggio insieme alla moglie, con la quale tornò a
fine 1984. I due sposi, rientrati poi a Verona con le tre figlie, decisero di
offrire totalmente se stessi e tutti i loro beni perché si realizzasse sulla
loro famiglia la volontà del Padre. Alessandro depositò il ricavato di un
terreno ricevuto in eredità in un conto bancario intestato a “Regina
Pacis”, che in effetti suona come se fosse un nome proprio.
Medjugorje segnò una svolta anche nel cammino della serva di
Dio Chiara Corbella Petrillo (1984-2012) che proprio lì, il 2
agosto 2002, conobbe Enrico, suo futuro sposo. Quattro anni dopo, si
lasciarono: Chiara decise di tornare là, perché era sicura che quell’incontro
fosse stato un dono di Dio. Durante una prolungata sosta sul Podbrdo, la
collina della cittadina, sperimentò una grande pace, che la condusse a
riallacciare il rapporto. Da sposati, Chiara ed Enrico vi tornarono più volte,
l’ultima delle quali il 17 aprile 2012, quasi un anno dopo la nascita del terzo
figlio, Francesco: tredici giorni prima, lei aveva appreso che il suo tumore
era in fase terminale. Nel corso del pellegrinaggio, il 18 aprile, insieme agli
amici che li avevano accompagnati, i Petrillo rinnovarono le promesse
matrimoniali; al termine della celebrazione, regalarono a tutti una corona del
Rosario e un’immagine della Madonna. Anche il servo di Dio Giampiero
Morettini (1977-2014) affermava di trovare pace a Medjugorje. Un
giorno, ormai seminarista dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve, offrì
il proprio punto di vista durante una discussione col compagno di studi Davide
Tononi: da una parte sentiva di trarre un grande giovamento per la sua vita
spirituale, ma dall’altra si fidava del giudizio della Chiesa, pronto ad
accettarlo anche se fosse stato totalmente negativo. C’è poi chi è stato in
quei luoghi mentre viveva una condizione di malattia, come la serva di Dio Giulia
Gabrieli (1997-2011), adolescente bergamasca: sentì che la sua fede
era profondamente cambiata dopo due pellegrinaggi (nel secondo festeggiò il suo
quattordicesimo e ultimo compleanno), come affermò nel
libro-testimonianza “Un gancio in mezzo al cielo”. Secondo lei, era
come se la Madonna «continuasse a soffiare in un palloncino. Soffia amore,
soffia amore, soffia amore. E questo palloncino diventa talmente grande che
scoppia, perché non riesce più a contenere tutto l’amore della Madonna. Così
l’amore va dappertutto e va a colmare ogni piccola mancanza del nostro cuore».
Ci sono infine due storie la cui santità non è ancora
oggetto di una causa, ma per le quali – da parte delle associazioni che
custodiscono il loro ricordo – è stato nominato il medesimo postulatore. Nel
caso di Patrizia Revello (1976-2016), piemontese, studentessa
di Farmacia, i pellegrinaggi a Medjugorje rafforzarono il suo desiderio di
vivere al meglio un tumore mammario “triplo negativo”, che l’avrebbe condotta
alla morte a trentanove anni, tre giorni dopo aver conseguito la laurea.
Durante l’ultimo viaggio, nell’aprile 2015, salì il monte Križevac a piedi
nudi, mano nella mano con Diego Barbero, il suo fidanzato: quando tornò a casa,
non aveva più paura di morire. Anche Giovannimaria Rainaldi (2006-2013),
bambino di origini romane, sperimentò molte grazie nei suoi due pellegrinaggi,
restando pieno di energie, nonostante il ganglioneuroblastoma per il quale
continuava ad affrontare lunghe cure e viaggi all’estero. Nel primo, mentre
terminava la Via Crucis, corse fino alla cima del Križevac e, voltatosi, gridò
ai presenti: «La Croce è bella!». Durante il secondo, invece, al momento della
Comunione, indicò alla madre la patena colma di ostie, portata da uno dei
sacerdoti, e commentò: «Mamma, guarda Gesù. Lui vuole essere tutto in tutti».
Sia lui che Patrizia, ma anche Uberto Mori, hanno incontrato i presunti
veggenti e assistito alle cosiddette apparizioni, ma le loro esperienze si sono
verificate principalmente nei luoghi chiave di quegli eventi.
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