SERIETÀ
E GRAVITÀ DELLA PAROLA DI DIO (I PARTE)
…e
dei messaggi di Maria
Non succeda a nessuno di sentire le
seguenti terribili parole di Nostro Signore:
«Ma allora io dichiarerò loro: “Non
vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”».
+
Tuttavia,
nella predicazione capita che c’è chi sorvola o cerca di addolcirne la gravità.
L’ostilità
di tanti nei confronti delle apparizioni mariane è dovuta a volte a questa
forma di censura. Infatti, la Madonna nelle sue apparizioni, non solo ha messo
in guardia i peccatori ostinati sui pericoli eterni che corrono, ma, ai
veggenti che ha scelto, contro ogni regola della psicologia moderna, ha
mostrato sia il Paradiso e il Purgatorio, che l’Inferno. Ella non ha nascosto
che all’Inferno vanno “molte” anime, a dispetto dei dubbi nutriti da tanti
teologi modernisti.
IL TERRIBILE “NON VI HO MAI
CONOSCIUTI”.
A me vengono i brividi e mi faccio
piccolo piccolo quando ascolto o leggo queste parole di Gesù:
“Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi
da me, voi che operate l’iniquità!”.
Durante l’anno la liturgia ci fa
assistere a molti scontri tra Gesù e i farisei, come pure tra Gesù e gli scribi
e i dottori della legge.
Questo severissimo monito di Gesù è
inserito in un insegnamento definito come la parabola della “casa costruita sulla roccia e la
casa costruita sulla sabbia”:
“In quel tempo Gesù disse
ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma
colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi
diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo
nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse
compiuto molti prodigi?”.
Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi
da me, voi che operate l’iniquità!»”. (Mt 7, 21-25).
In ogni caso non è l’unica volta che
Gesù usa un tale linguaggio. Un altro esempio si trova nella parabola delle 10 vergini:
«Più tardi arrivarono anche le altre
vergini e incominciarono a dire: "Signore, signore, aprici!". Ma egli
rispose: "In verità io vi dico: non vi conosco".» (Mt 25,
11-12).
Ma perché per gli ebrei questo linguaggio è di una gravità o, se si vuole,
di una serietà inconcepibile per noi?
E perché dovrebbe esserlo anche per
noi?
E
cosa ha insegnato la Madonna ai suoi Apostoli?
LA NON CONOSCENZA E LA CONOSCENZA
Ci
fermiamo all’ambito della “conoscenza”, ma per dei buoni motivi.
Riguardo
al verbo “conoscere” ogni buon ebreo sa bene di cosa stiamo parlando, così come
ogni buon studioso della Sacra
Scrittura.[1]
San
Giovanni Paolo II vi ha dedicato più di una udienza generale, soprattutto nella
serie dedicata alla sessualità. Nel 1999, a ridosso del Giubileo, ne dedicò una
a “Conoscere il Padre”.
«Nell’ora
drammatica in cui si appresta ad affrontare la morte, Gesù conclude il suo
grande discorso di addio (cfr. Gv 13ss.) rivolgendo una stupenda
preghiera al Padre. Essa può considerarsi un testamento spirituale in cui Gesù
rimette nelle mani del Padre il mandato ricevuto: far conoscere il suo amore
al mondo, attraverso il dono della vita eterna (cfr. Gv 17, 2).
La vita che egli offre è significativamente spiegata come un dono di
conoscenza. “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e
colui che hai mandato” (Gv 17, 3).
La conoscenza, nel
linguaggio biblico dell'Antico e del Nuovo Testamento, non interessa solo la
sfera intellettuale, ma implica normalmente un’esperienza vitale che chiama in
causa la persona umana nella sua globalità e quindi anche nella sua capacità d’amare.
È una conoscenza che fa “incontrare” Dio, ponendosi all’interno di quel
processo che la tradizione teologica orientale ama chiamare “divinizzazione”
e che si compie per l'azione interiore e trasformante dello Spirito di Dio (cfr.
san Gregorio di Nissa, Oratio catech., 37: PG 45, 98B).»
(Giovanni Paolo II, Udienza Generale,
Mercoledì,
17 marzo 1999).
La
vita eterna, quindi, consiste nel conoscere Dio e il suo Amore, poiché Dio è Amore.
E poiché è Amore infinito, questa conoscenza è eterna.
La
conoscenza del Dio che è Amore ha inizio
su questa terra, e con essa anche la nostra “divinizzazione”.
Purtroppo,
esiste il drammatico problema di chi oppone il rifiuto a questa conoscenza.
Questi sono coloro che rischiano di sentirsi dire a fine vita: “Non vi
conosco” senza appello; che significa: “Non siete scritti nel libro della
vita eterna”.
Ecco
ciò che preoccupa maggiormente la Madonna: non sono le guerre o i disastri
naturali, ma la perdita delle anime.
Conoscere
Dio che è Amore, e quindi Gioia, Felicità e Bene eterni e infiniti, questo è
ciò che rischiano di perdere per sempre coloro che non conoscono il Padre, il
Figlio e lo Spirito Santo e il loro Amore, già da questa vita.
La
Vergine Maria alla veggente Mirjana e ai suoi Apostoli ha insegnato a non
etichettare i peccatori col termine di “non credenti”, per non offenderli. Chiamateli
così, ha detto: “coloro che non conoscono l’Amore di Dio”.
Ma
in questo modo ci ha spalancato le porte ai tanti significati nascosti nella
“conoscenza” e “non conoscenza” biblica, aprendo, nello stesso tempo, la strada
alla scuola dell’Amore che avrebbe tenuto per anni ai suoi Apostoli.
Se
gli ammonimenti di Gesù ci preoccupano, dobbiamo sapere che anche nei messaggi
della Gospa troviamo ammonimenti severi. Certo, mentre la Madonna ce li dà, noi
però li percepiamo provenire dal suo cuore materno.
Riepilogando:
le
preoccupazioni maggiori della Madonna sono due:
a.
la
salvezza delle anime
b.
l’incapacità
dei suoi “cari figli” ad affrontare i tempi legati ai segreti.
Tutto
però è legato al conoscere o non conoscere l'Amore di Dio.
(CONTINUA)
Franco
Sofia
[1]“Per la nostra cultura,
infatti, il conoscere è innanzitutto un atto di natura intellettuale, che
coinvolge mente e pensiero di una persona. Eppure, siamo consapevoli che
abbiamo diversi canali di conoscenza, oltre a quello razionale: lo è anche
quello sensoriale e sperimentale, così come il percorso artistico o
l’innamoramento che trascendono la mera logica formale.
Nelle civiltà dell’antico Vicino Oriente la conoscenza
è un’esperienza globale che coinvolge, in un intreccio inestricabile, tutti
quei canali di comprensione dell’essere e dell’esistere, alla ricerca
dell’unità profonda della persona umana nel suo pensare, amare, agire.
[…]
In sintesi,
potremmo dire che il conoscere biblico è comprendere e agire, confessare e
professare, rivelazione e obbedienza. Come suggerisce Paolo ai cristiani di
Efeso, è necessario pregare «affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il
Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una
profonda conoscenza di lui» (1,17)”.
(Gianfranco Ravasi, https://www.famigliacristiana.it/blogpost/ginosko--conoscere-sapere.aspx).
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