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martedì 8 ottobre 2024

SERIETÀ E GRAVITÀ DELLA PAROLA DI DIO (I PARTE)

 

SERIETÀ E GRAVITÀ DELLA PAROLA DI DIO  (I PARTE)

…e dei messaggi di Maria

 



Non succeda a nessuno di sentire le seguenti terribili parole di Nostro Signore:

«Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”».
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Tuttavia, nella predicazione capita che c’è chi sorvola o cerca di addolcirne la gravità.

 

L’ostilità di tanti nei confronti delle apparizioni mariane è dovuta a volte a questa forma di censura. Infatti, la Madonna nelle sue apparizioni, non solo ha messo in guardia i peccatori ostinati sui pericoli eterni che corrono, ma, ai veggenti che ha scelto, contro ogni regola della psicologia moderna, ha mostrato sia il Paradiso e il Purgatorio, che l’Inferno. Ella non ha nascosto che all’Inferno vanno “molte” anime, a dispetto dei dubbi nutriti da tanti teologi modernisti. 

 

 

 

IL TERRIBILE “NON VI HO MAI CONOSCIUTI”.  

 

A me vengono i brividi e mi faccio piccolo piccolo quando ascolto o leggo queste parole di Gesù:

 

Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.

 

Durante l’anno la liturgia ci fa assistere a molti scontri tra Gesù e i farisei, come pure tra Gesù e gli scribi e i dottori della legge.

Questo severissimo monito di Gesù è inserito in un insegnamento definito come la parabola  della “casa costruita sulla roccia e la casa costruita sulla sabbia”:

 

“In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”.

Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!»”. (Mt 7, 21-25).

In ogni caso non è l’unica volta che Gesù usa un tale linguaggio. Un altro esempio si trova  nella parabola delle 10 vergini:

 

«Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: "Signore, signore, aprici!". Ma egli rispose: "In verità io vi dico: non vi conosco".» (Mt 25, 11-12).

 

 

Ma perché per gli ebrei questo  linguaggio è di una gravità o, se si vuole, di una serietà inconcepibile per noi?

E perché dovrebbe esserlo anche per noi?

E  cosa ha insegnato la Madonna ai suoi Apostoli?

 

 

LA NON CONOSCENZA E LA CONOSCENZA

 

Ci fermiamo all’ambito della “conoscenza”, ma per dei buoni motivi.

Riguardo al verbo “conoscere” ogni buon ebreo sa bene di cosa stiamo parlando, così come ogni buon studioso della  Sacra Scrittura.[1]

San Giovanni Paolo II vi ha dedicato più di una udienza generale, soprattutto nella serie dedicata alla sessualità. Nel 1999, a ridosso del Giubileo, ne dedicò una a “Conoscere il Padre”.

 

«Nell’ora drammatica in cui si appresta ad affrontare la morte, Gesù conclude il suo grande discorso di addio (cfr. Gv 13ss.) rivolgendo una stupenda preghiera al Padre. Essa può considerarsi un testamento spirituale in cui Gesù rimette nelle mani del Padre il mandato ricevuto: far conoscere il suo amore al mondo, attraverso il dono della vita eterna (cfr. Gv 17, 2). La vita che egli offre è significativamente spiegata come un dono di conoscenza. “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato” (Gv 17, 3).

La conoscenza, nel linguaggio biblico dell'Antico e del Nuovo Testamento, non interessa solo la sfera intellettuale, ma implica normalmente un’esperienza vitale che chiama in causa la persona umana nella sua globalità e quindi anche nella sua capacità d’amare. È una conoscenza che fa “incontrare” Dio, ponendosi all’interno di quel processo che la tradizione teologica orientale ama chiamare “divinizzazione” e che si compie per l'azione interiore e trasformante dello Spirito di Dio (cfr. san Gregorio di Nissa, Oratio catech., 37: PG 45, 98B).» (Giovanni Paolo II, Udienza Generale, Mercoledì, 17 marzo 1999).

 

La vita eterna, quindi, consiste nel conoscere Dio e il suo Amore, poiché Dio è Amore. E poiché è Amore infinito, questa conoscenza è eterna.

La conoscenza  del Dio che è Amore ha inizio su questa terra, e con essa anche la nostra “divinizzazione”.

 

Purtroppo, esiste il drammatico problema di chi oppone il rifiuto a questa conoscenza. Questi sono coloro che rischiano di sentirsi dire a fine vita: “Non vi conosco” senza appello; che significa: “Non siete scritti nel libro della vita eterna”.

 

Ecco ciò che preoccupa maggiormente la Madonna: non sono le guerre o i disastri naturali, ma la perdita delle anime.

 

Conoscere Dio che è Amore, e quindi Gioia, Felicità e Bene eterni e infiniti, questo è ciò che rischiano di perdere per sempre coloro che non conoscono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e il loro Amore, già da questa vita.

 

La Vergine Maria alla veggente Mirjana e ai suoi Apostoli ha insegnato a non etichettare i peccatori col termine di “non credenti”, per non offenderli. Chiamateli così, ha detto: “coloro che non conoscono l’Amore di Dio”.

Ma in questo modo ci ha spalancato le porte ai tanti significati nascosti nella “conoscenza” e “non conoscenza” biblica, aprendo, nello stesso tempo, la strada alla scuola dell’Amore che avrebbe tenuto per anni ai suoi Apostoli.

 

Se gli ammonimenti di Gesù ci preoccupano, dobbiamo sapere che anche nei messaggi della Gospa troviamo ammonimenti severi. Certo, mentre la Madonna ce li dà, noi però li percepiamo provenire dal suo cuore materno.

 

Riepilogando:

le preoccupazioni maggiori della Madonna sono due:

a.      la salvezza delle anime

b.     l’incapacità dei suoi “cari figli” ad affrontare i tempi legati ai segreti.

 

Tutto però è legato al conoscere o non conoscere l'Amore di Dio.

 

(CONTINUA)

 

Franco Sofia



[1]“Per la nostra cultura, infatti, il conoscere è innanzitutto un atto di natura intellettuale, che coinvolge mente e pensiero di una persona. Eppure, siamo consapevoli che abbiamo diversi canali di conoscenza, oltre a quello razionale: lo è anche quello sensoriale e sperimentale, così come il percorso artistico o l’innamoramento che trascendono la mera logica formale.

Nelle civiltà dell’antico Vicino Oriente la conoscenza è un’esperienza globale che coinvolge, in un intreccio inestricabile, tutti quei canali di comprensione dell’essere e dell’esistere, alla ricerca dell’unità profonda della persona umana nel suo pensare, amare, agire.

[…]

 In sintesi, potremmo dire che il conoscere biblico è comprendere e agire, confessare e professare, rivelazione e obbedienza. Come suggerisce Paolo ai cristiani di Efeso, è necessario pregare «affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui» (1,17)”.  (Gianfranco Ravasi, https://www.famigliacristiana.it/blogpost/ginosko--conoscere-sapere.aspx).

 

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