"Questo
è il Dio che ho incontrato attraverso la Madonna qui a Medjugorje".
Le sorprendenti
e romanzesche coincidenze che la grazia ha creato nella vita di un ex
terrorista dell'IRA, organizzazione clandestina e terroristica dell'Irlanda del
Nord, grazie alla Madonna di Medjugorje.
La
testimonianza è stata data il 3 agosto 2010 durante il Festival dei Giovani.
Shalom!
Buongiorno a tutti!
Il mio
nome è Marc Lenagham. Vengo dall’Irlanda, da Belfast. È un privilegio per me
essere venuto qui, per condividere con voi una parte della mia storia.
Voglio ringraziare la Madonna perché mi ha guidato verso il suo Figlio Gesù.
La mia
storia è iniziata quando ero un bambino piccolo, nell’Irlanda del Nord. La mia
famiglia era una famiglia cattolica praticante. Siamo andati sempre alla Messa
la domenica. Ma verso la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70,
nell’Irlanda del Nord è sorto un movimento per i diritti umani. Molti cattolici
cercavano i loro diritti umani: di poter lavorare, di poter votare, di avere
una casa. La mia famiglia ha vissuto in una zona piuttosto protestante,
non-cattolica. E quando nell’Irlanda del Nord è iniziata la guerra, la mia
famiglia era molto ferita, perché siamo stati attaccati dalle bande
protestanti. Loro temevano che i cattolici si sarebbero impossessati di quel
territorio dell’Irlanda che apparteneva all’Inghilterra.
All’inizio
degli anni ’70 la nostra casa è stata attaccata da un gruppo di barboni che
hanno buttato una bomba. Non è successo nulla di grave, ma eravamo tanto
impauriti. Un po’ dopo, un gruppo di persone sono entrate a casa nostra e ci
hanno cacciato fuori. Abbiamo perso tutto. Abbiamo perso la nostra
proprietà, tutto ciò che ci apparteneva, tutto ciò che possedevamo, e siamo
diventati profughi. Ero un ragazzo giovane, e questo ha avuto tanto influsso su
di me. E ho cominciato a sentire gli inglesi come nemici. Centinaia di altri
ragazzi come me erano pieni di amarezza; eravamo pieni di rabbia per tutto
ciò che stava succedendo. Come giovane adolescente ho deciso di lottare
contro gli inglesi, e come adolescente ho cominciato a fare parte
dell’IRA, dell’esercito repubblicano irlandese. Questa organizzazione ritiene
che gli inglesi comprendo solo la violenza.
Ero
amareggiato, arrabbiato per tutto quello che hanno fatto. Ho cominciato a
leggere la storia irlandese, e ho visto che lo stesso modello di comportamento
inglese si ripeteva nei secoli. Ho cominciato a far parte dell’IRA, questo
esercito irlandese repubblicano, e facevo parte della loro polizia. Noi che
eravamo giovani facevamo controlli come poliziotti: era un atteggiamento abbastanza
brutale. La polizia inglese non era accettata dal popolo, e allora la nostra
polizia svolgeva il loro ruolo. Invece di lottare attraverso avvocati e
tribunali, noi abbiamo lottato con la gente direttamente: la nostra giustizia
consisteva nello sparare sugli uomini e nel picchiarli. Era tutto abbastanza
brutale, violento. Chiunque commettesse un qualsiasi atto criminale veniva
trattato dalla nostra polizia così. Ma con tutto ciò non ero
contento. Volevo far parte dell’altro ramo di questa organizzazione: quel ramo
che possedeva le armi e le bombe. Allora ho fatto la richiesta di far parte del
ramo degli adulti di questa organizzazione che lottavano seriamente contro
l’esercito inglese. Mi hanno detto che se lo volevo veramente dovevo stare
molto attento e dovevo essere certo di ciò che volevo fare, perché mi sarei
potuto trovare in diverse situazioni, come morte, ferimenti gravi oppure la
vita in prigione. Io ho risposto: “Si, sono pronto ad accettare tutte queste
realtà”.
Sono
andato in un campeggio dove facevano allenamento i militari, lì mi hanno
allenato a fare il cecchino. Ci hanno insegnato ad usare vari tipi di armi. E
quando erano soddisfatti della nostra preparazione, ci mandavano indietro a
Belfast per lottare con l’esercito inglese. Nel mio gruppo eravamo dieci tra
uomini e donne; possedevamo armi pesanti: pistole, bombe, mitragliatrici, bombe
pesanti. Per mesi stavamo nascosti aspettando l’esercito inglese. Era un
periodo molto stressante: per l’IRA abbiamo fatto molti sacrifici, abbiamo
addirittura digiunato, abbiamo perso tante notti per la nostra causa. Ci
succedeva di spendere anche dieci giorni nel preparare un’operazione
dell’organizzazione dell’IRA.
E un
giorno qualcosa cominciò ad andar male. Mi stavi preparando a sparare ad un
gruppo di soldati. Ho messo le cartucce al posto giusto, e ho sparato tre
cartucce su un gruppo di militari. Ci hanno insegnato che se volevamo sparare a
qualcuno sulla testa, dovevamo rendere di mira il petto. Ho sparato tre
cartucce, ma ho sbagliato! Ho sparato, non a un militare, ma a un civile. Con i
miei colleghi abbiamo cercato di scappare, ma abbiamo incontrato un gruppo di
soldati inglesi. Un soldato ha testimoniato che voleva spararmi addosso, ma in
quel momento la motocicletta, sulla quale stavamo, ha fatto un incidente, non
si muoveva più. Mi hanno preso e mi hanno giudicato per cinque tentativi di
omicidio.
A questo
punto devo parlare di mia madre. La mia povera madre era una donna molto
coraggiosa. Lei intuiva che stava per succedere qualcosa di molto grave, ma non
riuscì a fermarmi. Allora mia madre si è rivolta alla Madonna, (questo me lo ha
detto tanti anni dopo), dicendoLe: “Madonna mia, io non posso aiutare mio
figlio: lo lascio a te”. Mia madre metteva le immagini della Madonna e i rosari
nelle mie tasche. Metteva le immagini sacre sotto il mio letto. Nelle mie
tasche trovavo i rosari: era mia madre a metterli.
Sono
andato a finire in prigione. Ero ancora un militare consacrato all’esercito
irlandese. Ho vissuto una vita doppia. Andavo all’università e studiavo la
lingua russa, e quando mi hanno arrestato, mi mancavano gli ultimi tre mesi per
finire gli esami dell’università.
Tutta la
mia vita è rimasta distrutta in quel momento. Sono andato in prigione,
condannato a 12 anni. Davo la colpa alla Chiesa cattolica. Consideravo la
Chiesa cattolica una parte del sistema: il nemico. Avevo smesso di andare a
Messa. Consideravo la Chiesa una parte del sistema inglese. Ma un giorno un
certo prete è venuto in prigione: il suo nome è Paddy Kelly. Lui mi ha detto
che aveva visitato un luogo che si chiama Medjugorje. Nella stanza si sono
radunati 50 prigionieri dell’IRA, di questa organizzazione, e, domenica, questo
prete è venuto per celebrare la Messa. Ma noi non l’abbiamo ascoltato. Ci
scambiavamo l’un l’altro le sigarette, i messaggi segreti, e abbiamo lasciato
che il prete facesse le cose sue.
Quel giorno padre Paddy ci ha provocati: ci ha letto un brano del profeta Isaia: “Se i tuoi peccati fossero rossi, li farò diventare bianchi come la neve” (Isaia 1,18). E ci ha detto che a Medjugorje la Madonna appare a 6 veggenti e che ha un messaggio per noi in quella prigione, in quella stanza: “Questo è il tempo della grazia e della misericordia”. Quel messaggio non mi è piaciuto per niente. Dopo la Messa mi sono avvicinato al sacerdote e gli ho detto: “Padre, non mi piace per niente questo messaggio. Lei non può capire”.
E lui ha risposto: “Ma vuoi spiegarmi qualcosa? Cosa vuoi dirmi?”. E allora ho detto a me stesso: “Adesso io converto questo prete. Voglio convertire questo prete per farlo partecipare alla guerra”. Ma padre Paddy aveva un’altra idea, e mi ha detto “Se ritorno la settimana prossima in questa prigione, possiamo parlare di questo argomento?”. Io ho risposto: “Si va bene, padre, lo faremo”. E così, una settimana dopo l’altra, padre Paddy veniva nella prigione.
Mi ha portato un
libro di Medjugorje, dicendomi: “Vuoi leggere questo libro?”. Ho risposto: “Si
va bene”.
E man
mano che le settimane passavano, questo libro di Medjugorje, quest’opera di
Medjugorje, mi interessava sempre di più. Qualcosa stava succedendo. Io non
comprendevo che cosa era la grazia, non comprendevo cosa era la misericordia,
la bontà di Dio: ma qualcosa stava succedendo. All’improvviso mi sono trovato a
Messa ad ascoltare veramente. Di nascosto nella mia cella portavo il foglietto
delle letture domenicali. E così mi sono trovato nella situazione di leggere la
Sacra Scrittura. Prima per me era una cosa senza significato: erano favole,
storie per me.
E
all’improvviso hanno cominciato a colorarsi, come se queste storie fossero
diventate tridimensionali, personali; e ho visto me stesso nella storia. L’uomo
paralizzato nel Vangelo che era stato trasportato vicino a Gesù attraverso il
tetto, quel paralitico ero io: ero paralizzato dai peccati, dalle tenebre; e
sentivo le sue parole, le parole di Gesù, il quale diceva: “Alzati, i tuoi
peccati sono perdonati”. Ho letto la storia di Lazzaro, morto nella sua tomba,
e io ero quel cadavere. La mia tomba erano i miei peccati, e ho sentito le
parole di Gesù che mi diceva: “Esci!”. E ho meditato la morte di Gesù sulla
croce. Ho visto Gesù sulla croce, ferito, distrutto; come sudava sangue, e ho
compreso che io sono quel soldato sotto la croce, con le armi, quel soldato che
ha trafitto il cuore di Gesù: questo soldato ero io. Ma le parole di Gesù,
nella Sacra Scrittura, dicono: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che
fanno”. E appena io cominciavo a leggere la Sacra Scrittura, questa diventava per
me parola di vita: “Io sono la via, la verità e la vita”, “Io sono venuto
perché abbiate la vita in pienezza”; “Dio ha tanto amato il mondo da mandare il
suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna… non
vada mai perduto”. E durante le settimane successive, mesi successivi, il mio
viaggio ha preso un’altra strada.
Dio ha
svegliato qualcosa dentro di me, molto profondamente. Dio mi ha provocato, mi
chiamava a cambiare. La Madonna mi chiedeva, mi cercava, voleva la mia
conversione. La Madonna mi cercava perché andassi a confessarmi.
E una
domenica il prete è venuto nella prigione. Io avevo la possibilità di andare a
una riunione dell’IRA oppure di andare a confessarmi. Ho fatto la scelta: ho
deciso di andarmi a confessare. Lode al Signore!
Sono
andato a confessarmi, e mi sono liberato da tutti quei lunghi anni di tenebre.
Ho sentito qualcosa di strano che non avevo mai sentito prima: ho sentito la
gioia, la pace. E durante le settimane e mesi successivi ho cominciato a
pregare di più. Ho scoperto il Rosario. Ho letto le apparizioni di Lourdes e
Fatima. Ho letto vite dei santi. Ho letto la vita di Padre Pio. E questo mi ha
ispirato: la vita di questi uomini mi ha ispirato, mi ha stimolato, erano i
veri vincitori. Noi credevamo di essere vincitori, ma non lo eravamo. Ed era
una esperienza talmente profonda, che sentivo di doverlo condividere con gli
altri nella prigione. Ho cercato di trasmettere questa mia esperienza ad alcuni
prigionieri, e alcuni mi hanno risposto con il loro “Si”.
Ho
lasciato la prigione dopo aver trascorso lì 12 anni di condanna. Ho cominciato
a capire qual era la volontà di Dio per me, il progetto di Dio per me. Mi
sembrava che Dio mi dicesse di lavorare con i giovani nelle scuole. E così sono
diventato maestro di catechismo nelle scuole.
Quando
sono venuto a Medjugorje per la prima volta, mi sembrava di morire e di andare
direttamente in cielo. Qui vedi queste facce degli uomini: gli uomini sembrano
risorti. Un giorno qualcuno mi ha detto: “C’è una persona che vuol parlare con
te”. Era qui, vicino alla chiesa di san Giacomo. Ho incontrato
quell’uomo che mi ha detto di essere un militare inglese, quel militare inglese
che si trovava a Belfast nello stesso tempo in cui io ero militare dell’IRA;
era nella stessa zona in cui lottavo io. E anche lui ha avuto la stessa
esperienza di conversione. Io, l’ex militare dell’IRA; e lui, l’ex militare
dell’esercito inglese. Eravamo insieme a fianco alla chiesa di san Giacomo: ci
siamo abbracciati e ci siamo riconciliati, qui accanto alla chiesa di
Medjugorje. Nulla è impossibile a Dio! Amen!
Ho
incontrato anche l’uomo che aveva attaccato la nostra casa, lui era nel gruppo
dei protestanti che hanno distrutto la mia casa. Ho sentito la sua
testimonianza e la sua storia. Lui e io lavoravamo insieme. Abbiamo parlato della
pace, abbiamo parlato del perdono, di Gesù. Dio ha un senso strano del gioco.
La scuola
dove io insegno è a fianco della prigione, circa a un centinaio di metri dalla
cella della mia prigione. E dalla mia classe posso vedere la cella dove ho
trascorso 12 anni. E mi ricordo che quando mi trovavo in prigione sentivo le
voci dei bambini che giocavano; e adesso capisco che dieci anni dopo, con la
grazia di Dio, io sono con questi ragazzi le cui voci ascoltavo dalla prigione.
Adesso a questi bambini insegno il catechismo. Lode a Dio!
Sono
tanti anni che lavoro come maestro di catechismo e cerco di portare ai ragazzi
un po’ della mia esperienza di Medjugorje, della Madonna. Voglio trasmettere
questo ai ragazzi nella scuola. Dico ai ragazzi che Dio li ama, che loro sono
figli e figlie di Dio Onnipotente. Sono la pupilla degli occhi di Dio: Gesù li
ama immensamente. Lui è il dio delle promesse, della benedizione, Dio
dell’amore.
Questo è
il Dio che io ho incontrato attraverso la Madonna qui a Medjugorje.
Desidero
concludere con una breve preghiera. Spero che possiate questa preghiera quando
tornate a casa. Sono cinque parole. Quando ritornate alle vostre case, nei
momenti difficili, quando vi allontanate da Dio, quando vivrete nel
peccato, quando vi troverete nell’insuccesso, nelle paure, pronunciate queste
cinque parole di questa bellissima preghiera: “Signore, io oggi comincio
daccapo”. Dio vi benedica. Grazie a Gesù! Grazie a Maria!
(Trascrizione Franco Sofia).
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